Un’intesa tra Camera di Commercio Italo-Araba ed Ente Nazionale Micro-credito per promuovere l’internazionalizzazione delle PMI sui mercati arabi.

La Camera di Commercio Italo-Araba e l’Ente Nazionale per il Microcredito hanno siglato nelle scorse ore un protocollo di intesa per l’avvio di un percorso di collaborazione per il periodo 2014-2020 volto a promuovere strategie comuni che prevedono:

  • lo sviluppo di progetti per promuovere export e investimenti,
  • la ricerca di canali di finanziamento,
  • l’avvio di attività di networking e partnership commerciali
  • l’attuazione di azioni congiunte anche a valere su fondi nazionali, comunitari ed internazionali.

L’accordo ha l’obiettivo primario di promuovere l’internazionalizzazione delle piccole e medie imprese e, in particolare, delle microimprese sul mercato dei Paesi arabi.

Nell’ambito del protocollo di intesa, ha commentato il presidente della CCIAA Italo-Araba Mario Mancini, “saranno attivate specifiche convenzioni per regolare la collaborazione ogni qualvolta sarà individuata una progettualità di interesse e un eventuale canale di finanziamento su cui lavorare”. L’intesa, ha continuato, permetterà inoltre di “utilizzare, tra gli altri, nuovi modelli microfinanziari come il microleasing e la microassicurazione”, con “ricadute positive sul sistema produttivo delle piccole e medie imprese e sui percorsi di internazionalizzazione verso i mercati arabi”.

Creata nel 1972 la Camera di Commercio Italo-Araba ha come principale finalità la promozione dellacooperazione economica e delle relazioni commerciali tra l’Italia e i 22 Paesi della Lega degli Stati arabi: Algeria, Arabia Saudita, Bahrein, Comore, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Gibuti, Giordania, Iraq, Kuwait, Libano, Libia, Marocco, Mauritania, Oman, Palestina, Qatar, Siria, Somalia, Sudan, Tunisia, Yemen.

Formalmente dichiarata il 22 marzo 1945, la Lega è un’organizzazione nazionale e regionale che volta a promuovere legami più stretti fra gli Stati membri e a coordinare le politiche e i piani di sicurezza economica e culturale di ognuno di essi, con l’obiettivo di sviluppare una sorta di “cooperazione collettiva”, proteggendo la sicurezza nazionale pur mantenendo l’indipendenza e la sovranità di ciascuno degli Stati membri e aumentando il potenziale per l’azione araba unita in tutti i settori.

Il futuro del Made in Italy è negli Emirati arabi

Da un recente rapporto del Centro Studi Confindustria e di Prometeia presentato la scorso 2 maggio a Milano, che analizza le potenzialità di crescita delle vendite di beni di fascia medio-alta nei trenta mercati emergenti più promettenti per l’Italia, risulta che da qui al 2021 l’export del Made in Italy salirà del 42% e che gli Emirati Arabi saranno il mercato che fornirà il maggior contributoall’aumento delle spedizioni dei prodotti italiani all’estero.

Insieme agli Emirati, gli altri due mercati che traineranno l’export italiano nei prossimi 5 anni sono la Cina e la Russia (quest’ultima in declino).

I settori più promettenti per l’Italia individuati nel rapporto, dal titolo “Esportare la dolce vita. Il bello e ben fatto italiano nei nuovi mercati. Le forze che trasformano i consumi”, sono:

  • alimentare, in particolare salumi e vini, bevande e aceti,
  • arredamento,
  • abbigliamento e tessile casa,
  • calzature,
  • occhialeria,
  • oreficeria e gioielleria.

Il reddito procapite degli Emirati Arabi, si legge in una nota di marzo 2016 dell’Agenzia ICE sul Paese, è uno dei più elevati nella graduatoria mondiale, pari a 67mila dollari nella valutazione alla parità dei poteri di acquisto. Il PIL si posiziona al secondo posto nell’area del Consiglio di Cooperazione del Golfo (l’Organizzazione internazionale regionale che riunisce sei Stati del golfo Persico: Arabia Saudita, Bahrein, Emirati arabi, Kuwait, Oman e Qatar), con un valore di 339 miliardi di dollari nel 2015 e ulteriori prospettive di crescita nel 2016 e nel 2017.

Le prospettive economiche future, continua la nota dell’ICE, appaiono rese incoraggianti da una serie di elementi:

  • la diversificazione dell’economia rispetto al settore petrolifero;
  • un consistente sviluppo dei settori infrastrutture, costruzioni e turismo;
  • un rafforzamento dell‘attrazione degli investimenti esteri attraverso riforme del quadro economico-giuridico del Paese;
  • una stabile impostazione della disciplina normativa in materia di imprese;
  • un costo contenuto della manodopera, principalmente proveniente dai Paesi del sub-continente indiano;
  • condizioni fiscali e normative vantaggiose;
  • un basso costo dell’energia,
  • la presenza di numerose zone industriali e zone franche.

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Fonte: http://www.fasi.biz/